DELICATESSEN (1991)

Regia: Jean-Pierre Jeunet

Per veder rappresentata la crudeltà e la freddezza che alberga nell’animo umano non bisogna per forza scavare nel marcio dell’horror più violento, ma possiamo benissimo trovare lavori di altro genere su questo argomento, mostrandoci una realtà nuda e cruda ad esempio in chiave grottesca. Jean-Pierre Jeunet, il padre del più rinomato “Il meraviglioso mondo di Amelie”, nel suo primo lungometraggio ci mostra chiaramente il suo stile e i suoi marchi caratteristici, volti al perfezionamento dei particolari e all’alterazione del reale, raccontato- per così dire- dal punto di vista di personaggi alquanto bizzarri e sopra le righe.

La vicenda, ambientata in Francia in un futuro imprecisato e provato da una grave carestia, ci racconta la vita degli abitanti di un fatiscente condominio di proprietà del signor Clapet, che gestisce la macelleria Delicatessen ai piedi del palazzo. Il macellaio, per sopperire al momento di crisi economica, vende carne umana in cambio di lenticchie e mais; per procurarsi la merce, ha studiato un metodo efficace con la tacita complicità dei suoi affittuari: tramite un annuncio attira nuovi inquilini che fa sparire dopo poco tempo.

Un giorno però sua figlia si innamora della prossima vittima.

Lo scenario quasi post-apocalittico rappresentato unicamente da questo condominio è senza dubbio il primo grande pregio della pellicola: in un’unica ambientazione il regista ha ricreato tanti micromondi differenti, popolati da svariati personaggi con una loro vita e con i proprio drammi, afflitti però dal medesimo problema, ovvero la fame. La mancanza di cibo e l’incapacità di procurarselo, sono i motivi per cui il signor Clapet, uomo arrogante e viscido ma ovviamente risoluto, riesce a tenere in scacco gli inquilini del palazzo, obbligandoli a sottostare a ogni sua angheria e arrivando addirittura a dettare il ritmo delle azioni di tutti: in una scena che oscilla fra il divertente e l’irritante, il rumore della molle del letto mentre il macellaio fa sesso con la bella vicina funge da metronomo.

Di conseguenza tutti si trovano a ripetere la stessa azione a tempo finché lui non ha finito, mentre il ticchettio incessante e crescente si spande per le stanze. Quello che Jeunet e il suo stretto collaboratore Marc Caro ci mostrano è uno spaccato di realtà “alternativa” -quasi un girone infernale- in cui persone abbrutite dalla regressione sociale che li affligge, tirano fuori il peggio di loro stessi e, incapaci di reagire e trovare una soluzione alternativa, non si fanno scrupoli a diventare complici di omicidi con relativo cannibalismo.

Riuscire a creare una pellicola dai significati così crudi e densi, ma allo stesso tempo delicata nell’estetica e curata in ogni minima peculiarità, non è così facile, soprattutto se queste cose sono messe insieme da uno stile eccessivo e talvolta ridicolo. Lo stile scanzonato e quasi fumettistico con cui vengono illustrati alcuni fatti e vari personaggi riesce quasi ad alleggerire una situazione al limite che mostra la bassezza dei sentimenti e dei valori umani, tanto da chiederci di quando in quando chi è veramente da salvare e chi dovrebbe essere spazzato via da una valanga di acqua in stile diluvio universale.

Confezionato con una colonna sonora post-industriale a tratti molto vintage, assoluta protagonista anche nei successivi lavori del regista, la pellicola è capace di far riflettere sulla nostra condizione e sul baratro in cui sta cadendo, nonostante spesso e volentieri riesca a strapparci una sonora risata.

LadyVengeance